mercoledì 14 marzo 2007

4. La Biblioteca di Napoleone I° all'Isola d'Elba. Storia di una tesi di laurea "che ha vinto...il premio Strega" e non solo...



Dopo circa tre anni, avevo ormai recuperato abbastanza materiale per la mia ricerca e terminata la catalogazione dei volumi appartenuti a Napoleone rimasti all’isola, libri che Bonaparte aveva donato alla Comune di Portoferraio.
La stesura della tesi era seguita oltre che dalla docente di biblioteconomia anche dalla direttrice dell’istituto di storia, specializzata in storia moderna. Napoleone non era un illustre sconosciuto e scrivere anche un solo concetto su di lui comportava una riflessione per la scelta delle parole da usare senza cadere nella superficialità e nella retorica. Ancora ricordo alcune frasi sulla cui esposizione dovetti tornare più volte.
Scartai tutte le notizie di cui non c’era una verifica scientifica, riportai dati certi e sicuri e finalmente arrivai a discutere la tesi che mi fece uscire dall’università con tanto di lode.
Era il marzo del 1984 e pensavo di aver chiuso con Napoleone e i suoi libri, ma sbagliavo.
La prof.ssa Maria Gioia Tavoni, che avrebbe potuto far suo questo lavoro in quanto le tesi di laurea appartengono all’università, pensò che lo studio avrebbe meritato essere letto da altri e si mise in contatto con il direttore della Rivista del Centro Nazionale di Studi Napoleonici e di Storia dell’Elba che ben volentieri accolse e pubblicò, nel 1985, una parte della mia tesi e il catalogo integrale della biblioteca, a firma mia.( Palombo Alessandra, La biblioteca dei Mulini racconta Napoleone, pp.11-18 e La biblioteca di Napoleone Bonaparte all’isola d’Elba , in " Rivista Italiana di Studi Napoleonici” n. 2, Anno XXII, (N.S.), 1985, pp. 27-148.)
Fu, all’epoca, una bella soddisfazione per me che avevo portato avanti questo studio tra mille difficoltà di salute e di famiglia.
Che l’argomento fosse appetibile e incuriosisse lo scoprii poco dopo. Abitavo a Rio nell’Elba, un piccolo paesino collinare, e avevo partorito da qualche mese mia figlia Beatrice quando mi arrivò una telefonata per avvertirmi che una giornalista della radio svizzera sarebbe venuta a intervistarmi.
Non potevo rifiutare, ma non ero neppure molto contenta.
Ricevetti giornalista e tecnico audio sotto casa, in una chiostra pubblica.
Li feci accomodare sugli scalini di una gradinata e parlammo.
Non ricordo il nome della trasmissione e neppure della giornalista. Ero quasi scocciata.
Mi ero laureata e mi bastava. Le mete future erano la vita in famiglia e trovare un lavoro e non pensavo che avrei dovuto ancora scrivere e raccontare di Napoleone e tanto meno che il mio lavoro mettesse le ali per regalarmi altre soddisfazioni prima di portare “frutto” ...ad altri.


Sandra

(continua)

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