lunedì 30 aprile 2007

Ci voleva la pioggia



Ci voleva la pioggia
a regalare a noi,
siti equidistanti
mai intersecanti,
un dialogo a due.

Gli occhi reagiscono
ai discorsi amichevoli,
ingrigiscono o luccicano
a confermare l’affetto
mai estinto, modificato
e serbato in un luogo,
in un angolo nostro,
ma un’allusione al passato
basta a farmi arretrare,
guardinga, nel guscio,
a provocarti rammarico.

Dopo anni, come potrei,
con il bianco che incombe,
confidarti che l’olfatto
ancora ricorda l’odore
della crema che usavi?

(2005)

martedì 24 aprile 2007

Quando c'incontrammo



Quando c’incontrammo,
non servivano scialli sulle spalle
ogni male fuggiva.
Verso il miele ci guidavano i sensi
e il sentimento,
che brusco cadde in note a piè pagina,
per conservarci nella malinconia,
come in un film, d’epoca.



(2005)

mercoledì 18 aprile 2007

Del tempo esploso



Del tempo esploso
sei volto sconvolto
di fronte all’abisso

scheggia vagante
innocente /incosciente
soffocata d’affanni,

sei bambina impaurita
in cerca di mamma
schiacciata dal fato.


Del tempo inesploso
sei alone inquietante
in cerca di ombre

per i dolori incompresi
di persone scomparse
dal paese sommerso

sei parte inesplosa
del tempo.
Ti prego…svanisci.


Portoferraio 18.04.2007
Sandra

lunedì 16 aprile 2007

Cari mi sono i libri

Cari mi sono i libri
che ammuffano in cantina,
loro cimitero naturale,
da non aver l’audacia
a liberare le pareti curve,
dai periodi chiusi
con la punteggiatura
della mia memoria,
anche se dovrei,
per ritemprare
le une e l’altra
con parole nuove.



Questa la poesia che mi è stata chiesta oggi per un'antologia cartacea.Ogni tanto capita...
Sandra

domenica 15 aprile 2007

Alla bambina



Bambina che origli,
nell’ultimo strato,
il rumore dei tarli

con l’antico braciere
a schiarire anteprime
di amori immaturi,

io vengo a trovarti, la sera,
a curare cancrene nascoste
con ricordi di miele.


giovedì 12 aprile 2007

Le mani



Le mani, impegnate a sfoltire
un intreccio di specie diverse
un insieme di rami contorti
attorcigliati alla rete di casa
tra il giardino e la strada di tutti,
piagate dalla durezza del legno
e dai nodi formati dagli anni,
ripiegano a potare i germogli
per aprire a una minima luce
che rallenti il calare dell’ombra.

mercoledì 11 aprile 2007

IOMARE




Sotto la foto di Iomare, nella colonna di destra, il testo completo del mio primo libro.


I O M A R E

E Iddio disse: “Si radunino tutte le acque,
che sono sotto il cielo, in un sol luogo
e apparisca l’asciutto”. E così fu.
E Iddio chiamò l’asciutto “Terra”
e la raccolta delle acque chiamò “Mari”.
(Genesi I, 9-10)

domenica 8 aprile 2007

Pasqua 2007 Percorsi Poetici a Capoliveri



Percorsi poetici a Capoliveri - Domenica di Pasqua - 8 aprile 2007

Silence Teatre, i poeti elbani Paolo Aprile, Marinella Da Roit, Sandra Palombo, Riccardo Poli, Marco Prianti, Luana Rossitto e... Giorgio Weiss.

giovedì 5 aprile 2007

Domenica di Pasqua - Passeggiata poetica

Domenica di Pasqua, a Capoliveri passeggiata poetica organizzata dal "Parnaso" di Giorgio Weiss che mi ha chiesto di leggere dal Canzoniere di Francesco Petrarca




XC

Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
che 'n mille dolci nodi gli avolgea,
e 'l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi ch'or ne son sì scarsi;

e 'l viso di pietosi color farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i' che l'esca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di subito arsi?

Non era l'andar suo cosa mortale
ma d'angelica forma, e le parole
sonavan altro che pur voce umana;

uno spirto celeste, un vivo sole
fu quel ch'i' vidi, e se non fosse or tale,
piagha per allentar d'arco non sana.

CXII

Sennuccio, i' vo' che sapi in qual manera
tractato sono, et qual vita è la mia:
ardomi et struggo anchor com'io solia;
l'aura mi volve, et son pur quel ch'i' m'era.
Qui tutta humile, et qui la vidi altera,
or aspra, or piana, or dispietata, or pia;
or vestirsi honestate, or leggiadria,
or mansueta, or disdegnosa et fera.
Qui cantò dolcemente, et qui s'assise;
qui si rivolse, et qui rattenne il passo;
qui co' begli occhi mi trafisse il core;
qui disse una parola, et qui sorrise;
qui cangiò 'l viso. In questi pensier', lasso,
nocte et dí tiemmi il signor nostro Amore.


CXXVIII

Italia mia, benché 'l parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sí spesse veggio,
piacemi almen che' miei sospir' sian quali
spera 'l Tevero et l'Arno,
e 'l Po, dove doglioso et grave or seggio.
Rettor del cielo, io cheggio
che la pietà che Ti condusse in terra
Ti volga al Tuo dilecto almo paese.
Vedi, Segnor cortese,
di che lievi cagion' che crudel guerra
e i cor', che 'ndura et serra
Marte superbo et fero
apri Tu, Padre, e 'ntenerisci et snoda
ivi fa' che 'l Tuo vero,
qual io mi sia, per la mia lingua s'oda.
Voi cui Fortuna à posto in mano il freno
de le belle contrade,
di che nulla pietà par che vi stringa,
che fan qui tante pellegrine spade?
perché 'l verde terreno
del barbarico sangue si depinga?
Vano error vi lusinga:
poco vedete, et parvi veder molto,
ché 'n cor venale amor cercate o fede.
Qual piú gente possede,
colui è piú da' suoi nemici avolto.
O diluvio raccolto
di che deserti strani,
per inondar i nostri dolci campi!
Se da le proprie mani
questo n'avene, or chi fia che ne scampi?
Ben provide Natura al nostro stato,
quando de l'Alpi schermo
pose fra noi et la tedesca rabbia;
ma 'l desir cieco, e 'ncontra 'l suo ben fermo,
s'è poi tanto ingegnato,
ch'al corpo sano à procurato scabbia.
Or dentro ad una gabbia
fiere selvagge et mansuete gregge
s'annidan sí, che sempre il miglior geme;
et è questo del seme,
per piú dolor, del popol senza legge,
al qual, come si legge,
Mario aperse sí 'l fianco,
che memoria de l'opra ancho non langue,
quando assetato et stanco
non piú bevve del fiume acqua che sangue.
Cesare taccio che per ogni piaggia
fece l'erbe sanguigne
di lor vene, ove 'l nostro ferro mise.
Or par, non so per che stelle maligne,
che 'l cielo in odio n'aggia:
vostra mercé, cui tanto si commise.
Vostre voglie divise
guastan del mondo la piú bella parte.
Qual colpa, qual giudicio o qual destino
fastidire il vicino
povero, et le fortune afflicte et sparte
perseguire, e 'n disparte
cercar gente et gradire,
che sparga 'l sangue et venda l'alma a prezzo?
Io parlo per ver dire,
non per odio d'altrui, né per disprezzo.
Né v'accorgete anchor per tante prove
del bavarico inganno
ch'alzando il dito colla morte scherza?
Peggio è lo strazio, al mio parer, che 'l danno;
ma 'l vostro sangue piove
piú largamente, ch'altr'ira vi sferza.
Da la matina a terza
di voi pensate, et vederete come
tien caro altrui che tien sé così vile.
Latin sangue gentile,
sgombra da te queste dannose some;
non far idolo un nome
vano senza soggetto:
ché 'l furor de lassú, gente ritrosa,
vincerne d'intellecto,
peccato è nostro, et non natural cosa.
Non è questo 'l terren ch'i' tocchai pria?
Non è questo il mio nido
ove nudrito fui sí dolcemente?
Non è questa la patria in ch'io mi fido,
madre benigna et pia,
che copre l'un et l'altro mio parente?
Perdio, questo la mente
talor vi mova, et con pietà guardate
le lagrime del popol doloroso,
che sol da voi riposo
dopo Dio spera; et pur che voi mostriate
segno alcun di pietate,
vertú contra furore
prenderà l'arme, et fia 'l combatter corto:
ché l'antiquo valore
ne l'italici cor' non è anchor morto.
Signor', mirate come 'l tempo vola,
et sí come la vita
fugge, et la morte n'è sovra le spalle.
Voi siete or qui; pensate a la partita:
ché l'alma ignuda et sola
conven ch'arrive a quel dubbioso calle.
Al passar questa valle
piacciavi porre giù l'odio et lo sdegno,
vènti contrari a la vita serena;
et quel che 'n altrui pena
tempo si spende, in qualche acto piú degno
o di mano o d'ingegno,
in qualche bella lode
in qualche honesto studio si converta:
così qua giù si gode,
et la strada del ciel si trova aperta.
Canzone, io t'ammonisco
che tua ragion cortesemente dica,
perché fra gente altera ir ti convene,
et le voglie son piene
già de l'usanza pessima et antica,
del ver sempre nemica.
Proverai tua ventura
fra' magnanimi pochi a chi 'l ben piace.
Di' lor: - Chi m'assicura?
I' vo gridando: Pace, pace, pace. -


CCXI

Voglia mi sprona, Amor mi guida et scorge,
Piacer mi tira, Usanza mi trasporta,
Speranza mi lusinga et riconforta
et la man destra al cor già stanco porge;

e 'l misero la prende, et non s'accorge
di nostra cieca et disleale scorta:
regnano i sensi, et la ragion è morta;
de l'un vago desio l'altro risorge.

Vertute, Honor, Bellezza, atto gentile,
dolci parole ai be' rami m'àn giunto
ove soavemente il cor s'invesca.

Mille trecento ventisette, a punto
su l'ora prima, il dí sesto d'aprile,
nel laberinto intrai, né veggio ond'esca.