sabato 29 settembre 2007

Quel che dirò a Portoferraio il 16 ottobre su





Stiamo per assistere alla proiezione di N. di Virzì, ultimo film italiano su Bonaparte, liberamente tratto, come voi tutti sapete, dal romanzo N. di Ernesto Ferrero, uscito per le edizioni Einaudi nel 2000, e che vinse, nello stesso anno, il Premio Strega.
Gran parte del film è girata in interni, dell’Elba dove è ambientata la storia c’è poco o niente, l’isolotto di Cerboli sullo sfondo di una scena iniziale induce a pensare che il regista abbia scelto di non dare troppa importanza alla fedeltà della ricostruzione storica degli ambienti esterni. Si fatica a riconoscere il nostro territorio.
In questo caso quindi il “liberamente tratto” è coerente nel parallelo libro- film.
Inoltre il linguaggio, usato dai personaggi suona sgradito alle orecchie degli elbani. Se la nostra parlata è così diversa da quella dei fiorentini, dei lucchesi, dei livornesi e dei toscani in genere della terraferma, vuol dire che abbiamo avuto un’evoluzione linguistica diversa dai nostri corregionali e si può supporre che nel 1814 gli abitanti di Portoferraio non parlassero come gli attori del film di Virzì.
Sarebbe stato forse più corretto usare l’italiano senza cadenze particolari.
Questi due aspetti che saltano subito agli occhi di noi isolani non sminuiscono, però il valore di N come un prodotto cinematografico che è riuscito a promuovere l’isola d’Elba e la sua parentesi Napoleonica.
Inoltre è un documento ulteriore di come eventi realmente accaduti e importanti come l’esilio di napoleone all’Elba possono essere trasferiti in campi diversi da quella della ricerca scientifica e, in particolare, romanzati e sceneggiati.
Dalle ricerche di storici elbani ha, infatti, attinto Ferrero che afferma: “ L’idea del romanzo è nata dieci anni fa dalla mostra dei libri “elbani” di Napoleone che si tenne a San Martino.”
La mostra dei libri intitolata “ Lector in insula”e organizzata dalla Soprintendenza di Pisa nel Museo di San Martino nel 1989 altro non era che una parte della mia tesi di laurea: “ La Biblioteca di Napoleone I° all’isola d’Elba. I libri dell’imperatore da Parigi all’esilio”. Un lavoro certosino e lungo durato circa tre anni perché Napoleone come lettore non era mai stato studiato e dei libri rimasti nella Palazzina dei Mulini non esisteva un catalogo redatto con le moderne regole di catalogazione. Da questo studio nel quale ho catalogato i volumi di N. rimasti all’isola, ho studiato il rapporto di Napoleone con i libri, le sue biblioteche francesi, la biblioteca ideale da campagna, il ruolo dei bibliotecari oltre naturalmente la storia della raccolta elbana e dalle ricerche degli altri storici elbani, tra cui vorrei ricordare il compianto Aulo Gasparri, Ferrero ha attinto a piene mani.
Del resto che alla base di N. ci fosse una documentazione minuziosa lo avevano ben intuito Carlo Fruttero e Franco Lucentini, che sul giornale La Stampa scrissero “Ernesto Ferrero è andato a frugare nei trecento giorni dell’Elba col massimo scrupolo storico, facendo poi del ricco materiale raccolto un uso manzoniano, da quell’elegante, eccellente narratore che è.” ed anche Lorenzo Mondo su Tuttolibri se scrisse “Ferrero sa utilizzare con mano maestra la copiosa documentazione preliminare, animare il racconto con le risorse di una scrittura temprata dai suoi esercizi di traduttore e lessicografo”.
Questi due giudizi apparsi sulla stampa confermano il diverso approccio di Ferrero e di Virzì nei confronti della storia: massima fedeltà da parte dello scrittore all’ambiente elbano che fa da sfondo al romanzo inventato, la cui trama può apparire un pretesto per raccontare ciò che successe veramente nei nove mesi elbani dell’esilio e invece massimo interesse per la vicenda inventata da parte di Virzì rispetto alla cronaca e allo scenario in cui si è svolta.
Entrambi, come ho già accennato, hanno il pregio di aver fatto veicolare il nome dell’Elba e la sua storia: in maniera minuziosa Ferrero, in modo fantastico Virzi. Ma il film è un prodotto artistico, legato all’immaginazione e alla trasmissione di emozioni oltre che alla conoscenza, come del resto il romanzo.
Martino Acquabona, il protagonista, per esempio, non è mai esistito, è frutto dell’immaginazione di Ferrero. Napoleone all’Elba non ebbe un bibliotecario, lui stesso si occupava di acquistare le opere in continente, in via ufficiale o clandestina, però è vero che di spie era piena l’isola.
Il romanzo di Ferrero è talmente calato nella realtà storica che quando uscì il libro molti credevano che Acquabona fosse vissuto veramente tanto che alcuni colleghi della Soprintendenza di Pisa si misero a fare delle ricerche d’archivio che non ebbero esito, finché un giorno mi arrivò una telefonata per chiedere notizie di Martino Acquabona. Il fatto che il romanzo racconti minuziosamente gli eventi aveva generato l’equivoco.
Il film di Virzì pertanto è il frutto cinematografico di un albero elbano non solo perché parla del primo esilio di Bonaparte, ma perché nato dalla ricerca degli studiosi locali e mi piace ricordare Gaspare Barbiellini Amidei, che più volte, pubblicamente ha ripetuto che N. di Ferrero senza gli studi di Sandra non avrebbe potuto esistere e io aggiungo anche senza quelli dei numerosi elbani che nel tempo si sono dedicati alla ricerca e alla ricostruzione della storia isolana.
Quindi, se senza gli elbani Ferrero non avrebbe potuto scrivere N, Virzì senza Ferrero non avrebbe potuto girare il film e trovarmi qui a presentare un film che affonda parte delle sue radici in un mio vecchio studio, è per me un onore oltre che un motivo di grande soddisfazione morale.



Sandra

3 commenti:

Anonimo ha detto...

E' andata bene la presentazione? Sono certo di sì.
Enrico

Anonimo ha detto...

sì, raccontaci un pò com'è andata, io la villa di N. all' Elba la ricordo in un afoso agosto, zeppo di stemmi e di alberi immoti..un caro saluto, Viola

Anonimo ha detto...

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