lunedì 10 dicembre 2007

La ragione di un metodo di Giacomo Cerrai





Di sicuro è ipercritico verso se stesso Giacomo Cerrai se ha pensato, anche solo per un attimo, di cestinare le poesie raccolte poi sotto il titolo “La ragione di un metodo”, edito nell’ottobre 2007 da “Imperfetta ellisse- blog di poesia e altro” per la stampa di Lulu.com. L’autore, secondo quanto afferma nella breve introduzione, infatti, le ritiene “ ormai abbastanza distanti non solo nel tempo, ma anche per diversa sensibilità, diverso accostamento alla realtà e una certa ricerca linguistica e stilistica” rispetto al suo lavoro attuale, dimenticando che questa considerazione è valida per tutti gli autori che si accingono a pubblicare una raccolta di poesie. Difficilmente lo stile e l’approccio rimangono invariati e mai sono uguali nel tempo. Se così fosse ci si troverebbe di fronte a una sterile replica, a una miniera in via d’esaurimento. Quando un libro vede la luce, l’autore è già oltre ed è già altro. Il “palese tributo alla tradizione del Novecento” che segna secondo l’autore queste poesie e che penso di aver intravisto nella scelta di alcuni termini e in qualche scorcio, non mina il respiro della raccolta che alterna quadri di intimità e di riflessione in un viaggio interiore di cui l’afflato poetico appare sin nel primo testo che risale al 1988. Qui un incontro riempie il vuoto esistenziale che caratterizzava la precedente opera di Cerrai “ Imperfetta Ellisse”: Il vuoto torna d’improvviso pieno, stanotte/ e i pesi galleggiano sereni lontani come lune.
Così, che sia alter ego o persona di carne, nel suo percorso il poeta, spesso, si rivolge al lettore in prima persona plurale e perciò condividendo come nella Ragione di un metodo da cui prende il titolo il libro.

Le prime ore, la luce
ci sorpassa,
avviandosi, prima di noi,
alla morte.
Nel tuo guscio di pelle,
così meravigliosamente contenuta,
irridi
alla mediazione del tuo corpo.
A volte un gesto fossile,
qualcosa di infantile,
ti tradisce.
Vorresti dirti subito. Mostrarti.
Solo dopo darti.
Consegnarti non vuoi senza,
anche,
farti capire.
La ragione di un metodo
sta nella via breve al desiderio:
d’amore o delle cose semplici,
o l’arte segreta del possesso.
In questo nascondino, o nell’eccesso
che segue
non intendo forse di che parli.
(Il pensiero di chi scrive è sempre,
del resto, un pò più lento,
per seguire l’attrito della penna).
Ma in quanto ci pensiamo
esisti,
esistiamo.


Cerrai condivide i suoi pensieri ( Il mondo è molto detto, molto/immaginato./Ci sediamo alla finestra/ aspettando il crepuscolo,/ credendo che tutto sia leggibile./) ma soprattutto il suo galleggiare in un vita dal senso incerto ( il niente che ci governa ) che è acqua che avvolge e ricopre l’autore :

onde, onde
di risacca… qualcosa molle
e s’insabbia come una foce secca.
Ritorni,
lampeggi come un breve rovescio,
nell’agosto,
ma una rena stanca ti prosciuga ancora:
restano onde, rivoli dentro,
fuori,
o non so dove,
cerchi di gocce
aloni fastidiosi…

E Acqua è intitolato un breve poemetto in quattro tempi che finisce con questi versi

una regola sola segue l’acqua:
sgravarsi dal peso, rinascere
nel punto più basso
d’ogni possibile alveo…

Dolce o salina, che sia di cielo, di mare o del fiume pisano non ha importanza, è lei l’elemento vitale in cui si muove il poeta :
… il sole scalda appena le scapole/…molecole che si gettano su di sé/ attardate,/ nell’ansa, come d’un’acqua morta … … la pioggia riempie i buchi che ci siamo scavati, il vento dei gabbiani li attraversa…

e in questo liquido Cerrai si muove alla ricerca di un equilibrio tra il mondo e l’essenza interiore dello scrittore, alla costruzione di un ponte attraverso la parola. Il mare, lo scoglio, la spiaggia dalla terraferma diventano pertanto un pretesto, una metafora di vita e un occhio di speranza :

il mare ha strisce diverse
di colore,
come un dentro e un fuori dalla diga.
Spinto dal vento o da altre urgenze,
a volte arriva timido
al tuo piede invernale: non esclude,
né la sabbia dura, né il cane che fugge
la sua orma. Così fermo (pensi), una lastra
attraversata senza cerchi concentrici,
ripianata dal solito vento,
da un appena battito di ciglia,
come un dentro e un fuori dalla vita.

Quanto ho scritto sono impressioni non esaustive di una raccolta ben più complessa che v’invito a leggere e che meriterebbe un’analisi accurata perché molte sono le sfaccettature e i temi affrontati da Cerrai dal quale mi congedo con queste sue parole tratte da Perfino il troppo:

… Quasi tutto sembra, quasi tutto è.
Perché non c’è pensiero da pensare,
né parole al di là:
perfino il troppo, di questo,
non ci basta.”

Sandra Palombo



Scheda di lettura pubblicata su viadellebelledonne.wordpress.com in data 23.11.07

1 commento:

Anonimo ha detto...

ti ringrazio anche qui, Sandra...
a presto
G.